Un manuale giuridico pratico può non ispirarsi al più rigido positivismo giuridico ovvero, per ribadire l’insegnamento di Kelsen, rifarsi alla dottrina pura del diritto che vuole conoscere esclusivamente e unicamente il suo oggetto e cioè liberare la scienza del diritto da tutti gli elementi che le sono estranei. Dunque ci si limita allo studio dello ius conditum secondo l’interpretazione giurisprudenziale «dominante»: chi inizia una causa spera, con il minor esborso e con il maggior tasso di probabilità possibili, di vedersi riconosciuto un diritto, il che avverrà tanto più facilmente quanto più grande sarà l’aderenza allo stare decisis della giurisprudenza prevalente. Del resto la scelta di iniziare una lite giudiziaria costituisce un atto economico al pari un acquisto di titoli azionari in borsa: la percentuale di rischio è variabile ma nessuno può prevedere l’esito positivo o negativo. La affermazione è ovvia ma descrivere e osservare un fenomeno non equivale a comprenderlo e spiegarlo: per secoli si sono visti i corpi cadere verso il basso ma solo Newton ha scoperto la legge di gravitazione universale. Del resto da millenni l’uomo prevede eventi naturali, come ad esempio le eclissi di sole, in base a calcoli matematici. La filosofia della scienza sottolinea che previsione e spiegazione hanno la stessa struttura logica; nel caso della spiegazione l’evento è gia avvenuto ed è necessario accertarne le condizioni che l’hanno prodotto mentre nel caso della previsione sono note le condizioni iniziali dovendosi determinare l’effetto non ancora verificatosi. Tutto ciò richiama il principio di causalità ossia un modello meccanicistico della natura che tuttavia, come è noto, è inadeguato a spiegare sia i fenomeni subatomici sia quelli dell’universo relativistico. Se dunque anche la fisica quantistica ha abbandonato il tradizionale modello causa-effetto determinabile in base a criteri oggettivi per adottare un modello probabilistico, a maggior ragione il principio di probabilità dispiega la sua validità in quelle «scienze» umane, come il diritto, ove sono implicati la libertà dell’uomo e lo spazio del dover essere.

             La digressione ha l’unico scopo di ribadire che l’esito di ogni processo è incerto se non altro perché è legato alla attività umana di interpretazione dei fatti e delle norme.

             In conclusione, se la decisione di iniziare (o continuare) una lite giudiziaria rappresenta un atto economico, si dovrà decidere secondo il criterio dell’utile, minimizzando il dolore (esborsi, tempo perso, stress...) e massimizzando il piacere(eventuale introito, soggettiva e talvolta ottusa convinzione di aver ragione...). Tale scelta va operata con l’aiuto di un legale che entri in empatia con il potenziale cliente e proprio perché non è saggio chiedere all’oste se il suo vino è buono, suggerisco, possibilmente, di tener ben distinto l’esperto che dà il consiglio da colui che sosterrà eventualmente la difesa legale nella causa.

 

                                                                                           SANDRO MERZ

Avvertenza dal Manuale pratico delle prescrizioni, decadenze, termini, preclusioni. Terza edizione, 2008

< Torna ad Alcune pagine

< Precedente                 Successiva >

SANDRO MERZ